di Guido Baggi del 22/11/2021
La libertà è poter essere contro. La competizione è poter negare l’altro. L’obiettivo è l’essere al di sopra degli altri. Lo sviluppo è generare il mio benessere. L’economia è il paravento dello sfruttamento. La persona è uno strumento del consumo. L’amore è ridotto malconcio nelle camere da letto. “Io” sono il metro di ogni giudizio, il fine di ogni azione, il principio e la fine di ogni storia. E dovremmo meravigliarci se siamo divisi, se è facile mettere una parte contro l’altra, se la persona che ha bisogno diventa nostra nemica, se chiunque si avvicini a noi è sospetto di volerci male, se chi viene a lavorare nelle nostre fabbriche è un ladro di lavoro? Dovremmo meravigliarci se troppi uomini considerano la ‘loro’ donna un possesso e riusciamo a dire che é l’eccesso di amore a produrre femminicidi e l’uccisione dei propri stessi figli? Quale meraviglia se la corsa agli armamenti non conosce limiti e l’espansione del potere delle ‘Grandi potenze’ mette in pericolo la vita dell’umanità e del mondo ogni santo giorno? Dovremmo stupirci se le persone diventano ostaggio e vittima nel cuore dell’Europa, nel Mediterraneo, nel Golfo del Bengala, nelle favelas, nel depredato cuore dell’Africa, nei Paesi del Centro America? Stiamo vivendo e reagendo come se ‘i poveri’ avessero stretto d’assedio i nostri Paesi del benessere e non fossero questi stessi nostri Paesi all’origine di diseguaglianze, povertà e guerre che spingono milioni di persone a cercare un posto dove poter vivere. Pensano di poterlo trovare da noi e trovano mari e muri a respingerli perchè chi sta nella fortezza pensa che respingendoli si salverà dai problemi che minano la sua stessa vita e sono frutto del proprio ‘ego’..ismo. E non siamo meglio nel rapporto con l’ambiente, con il mondo che ci ospita; lo stiamo deturpando, distruggendo, fruttando oltre ogni limite e se lui reagisce con fenomeni che ormai vediamo ogni giorno stiamo a piangere incapaci di prendere strade nuove. Ma ci sarà qualcuno che ci faccia capire che se non passiamo dal dominio dell’ego al servizio dell’altro siamo votati a non capirci più, a non provare la gioia di un incontro, a non gustare la bellezza di un panorama, a non avere il gusto di una ricerca che genera un bene per tutti, a non sentire il gusto della dignità di ogni persona, a non vivere la libertà come frutto di rispetto e stima per la dignità di ogni persona e per il mondo. Mentre le scrivo sembrano, e forse sono, parole fuori dalla scena, che non hanno nessuna importanza perchè appaiono impossibili in un mondo nel quale perfino una pandemia dagli effetti terrificanti ci divide in fazioni l’una contro l’altra armata e, talvolta, non solo a parole. Capisco perchè un mondo dominato da oligarchi, da concetti e azioni che distruggono nei fatti l’umanità alla quale offrono ingannevoli quanto attraenti e sorridenti pubblicità, la parola di Papa Francesco susciti reazioni sdegnate capaci di generare nuovo odio fino all’interno della Chiesa.
Da una parte il ‘povero’ le percepisce come speranza dall’altra il profitto e il consumismo lo bollano come nemico del progresso. Leggo interpretazioni infamanti del suo modo di essere la guida della Chiesa cattolica, ma non trovo riscontro a quelle accuse nei suoi gesti e nelle sue parole. Non è ateo, non è contro la Tradizione, non dimentica la fede in Cristo. Quello che lo rende un pensiero ed un modo di essere diverso è il fatto che non ama parlare di un Dio della vendetta che rende possibili le guerre del suo popolo e Dio sa quante guerre sono state fatte ‘in suo nome’. No, indica la fede in quel Dio che si incarna per servire, per lavare i piedi. E certo, in questo nostro mondo sono parole rivoluzionarie, portano diritte al bisogno di una conversione totale, non a chiacchiere ma nei fatti. Conversione, cambiare direzione; passare dall’io al noi, vederci in relazione costruttiva con le altre persone e con il mondo, ridare dignità ad ogni persona. E non sono parole astratte se Papa Francesco traduce questo anche in risposta da dare a chi lavora ed ha diritto al rispetto di una retribuzione dignitosa, ad una abitazione, alla salute, all’istruzione e alla cultura, alla libertà di espressione e di fede. Pare di capire che non sarà una nuova ideologia a ridare speranza a donne e uomini del nostro tempo, ma un diverso modo di concepire e vivere se stessi incarnando una parola tanto usata quanto tradita: amore. Provo a pensare cosa significhi questa parola mentre guardo chi esce dal Cantiere dopo una giornata di lavoro a far crescere le grandi navi; mentre osservo imbottigliato nel traffico le ragazze ed i ragazzi che entrano a scuola; mentre sento l’urlo della sirena di un’ambulanza; quando vedo il lavoro dei sanitari in ospedale, in ambulatorio, a casa; mentre vedo la fila davanti all’emporio della Caritas, quando vedo chi esce alle otto del mattino dal dormitorio ‘Vescovini’ dietro la chiesa della Marcelliana; quando giro per la città che cerca di mostrarsi luminosa e si presenta con tante serrande abbassate quasi fossero occhi spenti. Non ho provato a pensare ai grandi problemi del mondo perchè mi prenderebbe l’angoscia, ma a quelli che ho attorno e, forse, qualche cosa posso fare per contibuire alla conversione, al cambiamento, al passare dal concetto di fazioni in guerra a quello di un comune impegno a progettare un futuro diverso, sperabilmente migliore. Illusione? Preferisco speranza, perchè questa è il motore di ogni fede che vuole tradursi in realtà.