di Bianca Della Pietra del 9/10/2021
Molti anni fa mi trovavo in piazza della Repubblica e un signore dignitosamente vestito se non proprio elegante mi chiese dove fosse il centro cittadino. Devo dire la verità che ci rimasi molto male, poi mi ripresi e gli indicai la piazza in cui eravamo e le strade principali. Gli chiesi anche cosa stesse cercando in particolare. Mi disse di essere un rappresentante di abiti in cerca delle boutique cittadine per propor loro i suoi modelli. Dopo aver di nuovo respirato a fondo e fatto mente locale, gli indicai alcuni negozi e ci salutammo, non senza che, ad una mia indicazione mi dicesse che quella che io gli avevo suggerito come una buotique locale, lui l’avesse categorizzata come un “semplice negozio di abbigliamento”.
Questo fatto mi colpì molto e tuttora lo ricordo molto bene.
Quando ancora molti anni fa verso la zona del porto, sulla strada statale, comparve l’indicazione del “traghetto per la Grecia”, fui davvero orgogliosa. Erano anni in cui visitavo la Grecia con una certa frequenza e quindi poter partire da Monfalcone piuttosto che da Trieste, rappresentava davvero un grande vantaggio. Io non mi imbarcai mai dalla nostra città e non so nemmeno se un traghetto sia mai esistito.
Ora che abbiamo qualche nave da crociera che attracca nel nostro porto, ho visto che la meta dei passeggeri non è Monfalcone, ma Trieste dove vengono trasferiti con pullman sloveni…certo Monfalcone non può competere con Trieste! Perché allora ci rallegriamo tanto per l’attracco, temporaneo e invasivo rispetto al normale lavoro del porto, se nessuno mette piede da noi?
Cosa potrebbe offrire Monfalcone, mi sono allora chiesta.
Valutiamo un momento l’aspetto positivo che i crocieristi vadano a Trieste: ci salviamo dall’invasione. Ho visto a Venezia e anche a Dubrovnik l’impatto dello sbarco di migliaia di persone in un sol colpo: roba da dover strisciare lungo i muri per poter camminare evitando l’orda riversata dalla grande nave. Lo stesso in alcune parti della città di Trieste.
Andando di nuovo indietro nel tempo, ma questa volta proprio in riferimento al turismo di massa, è a partire dalla fine degli anni ’70 che a livello internazionale si comincia a riflettere sul rapporto tra turismo e ambiente, incrociando le sensibilità sia dei turisti che degli ambientalisti e questo portò l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OECD) ad effettuare i primi studi sulla relazione tra turismo e ambiente. Nel giugno 1992, dalla Conferenza di Rio, prima conferenza mondiale dei capi di Stato sull’ambiente, emerge la visione del turismo come settore chiave per la promozione e la tutela dell’ambiente.
L’Agenda 21 per il turismo evidenzia l’importanza strategica del settore ed analizza gli enormi benefici ottenibili attraverso il turismo sostenibile. I principi guida sui quali si basa il documento sono i seguenti:
– l’impegno dell’industria turistica verso lo sviluppo sostenibile;
– lo sviluppo turistico deve essere trattato insieme alla partecipazione di cittadini responsabili e con una pianificazione a livello locale;
– le nazioni devono relazionarsi tra loro informandosi su disastri naturali che possono danneggiare sia i turisti che le aree turistiche;
– lo sviluppo turistico deve riconoscere e supportare l’identità, la cultura e gli interessi locali;
– le leggi internazionali di protezione ambientale devono essere rispettate dall’industria turistica.
Il concetto di turismo sostenibile si è successivamente arricchito con l’inclusività, ovvero con lo sviluppo di “forme di accoglienza e attenzione nei confronti di persone portatrici di interessi e bisogni specifici”[1]
Ma entriamo di più nel nostro territorio.
La zona a nord del Lisert, sita nell’ambito dei Comuni di Monfalcone e Doberdò del Lago (Gorizia)” viene dichiarata di “notevole interesse” nel Piano Paesaggistico Regionale (PPR) approvato con Decreto del Presidente della Regione del 24 aprile 2018, n. 0111/Pres con le seguenti motivazioni:
“Riconosciuto che la zona predetta ha notevole interesse pubblico perchè con le sue colline sempre ricche di vegetazione, con il suo corso d’acqua, con il pittoresco laghetto, oltre a formare un quadro naturale di non comune bellezza offre dei punti di vista accessibili al pubblico dai quali si può godere un ampio e profondo panorama fino al lontano golfo di Trieste .”
La zona oggetto di notevole interesse pubblico è così delimitata nel Decreto del Ministro per la Pubblica Istruzione del 7 gennaio 1959:
“la zona a nord del Lisert, sita nel territorio dei comuni di Monfalcone e Doberdò del Lago (Gorizia), compresa fra i meridiani 89-91 e i paralleli 72-74 del foglio 40 (A) della carta d’Italia, tav . III N .E . e III N.O., e confinante a nord con la strada comunale che partendo dal KM 3 della strada statale n . 55 fino al confine con il comune di Trieste; a est e a sud con il confine con il comune di Trieste; a sud-ovest con la strada statale n . 14, limitatamente al tratto compreso fra il confine con il comune di Trieste e il nuovo raccordo con la strada n . 55; a ovest con l’intera nuova strada statale n . 55-bis” . [2]
In generale la Regione, nel Piano Strategico 2018-2023 vuole valorizzare il patrimonio culturale e quello immateriale costituito in primis, si dice, da gastronomia e artigianato. Poi viene menzionato il valore attrattivo dello sport e quello del mare. Si sottolinea inoltre di incrementare l’offerta alloggiativa, alberghiera ed extra-alberghiera, nonchè la pubblicizzazione del territorio all’esterno (dal Veneto algli Stati contermini).
Monfalcone si colloca in questo sfondo? Il sito del Comune riporta le caratteristiche della propria promozione turistica: gestione, conservazione e valorizzazione delle strutture e del patrimonio esistente, rapporti con altri enti, promozione di eventi anche organizzati a livello rionale, concessione di finanziamenti e gestione di appalti, “implementazione della sezione trasparenza del sito istituzionale per quanto di competenza.” (dal sito del Comune).
Nel precedentemente citato Piano Strategico si attribuisce molta importanza alla comunicazione social. Già di questo si potrebbe discutere: quanto viene fatto?
Ma torniamo ai crocieristi: loro non sono interessati a vedere la nostra città. Mettiamoci il cuore in pace. Inoltre, con la consapevolezza che Monfalcone non è Trieste, abbandoniamo l’idea di attrarre il turismo di massa che può essere identificato anche con i crocieristi e rivolgiamoci invece a tutti quei ciclisti che, sfidando la sorte arrivano qui da Grado (pista ciclabile inesistente da Villa Luisa in Comune di S. Canzian d’Isonzo al ponte sul canale Isonzato), tenendo conto che bisogna percorrere tutta la strada lungo il Brancolo con un tratto finale brevissimo ciclabile segnalato. Oppure a quelli che arrivano da Marina Julia, semplicemente. Dove li mandiamo a ristorarsi se sono una cinquantina? Non ci sono bar che possano accoglierli (un BIKE BAR, ad esempio) e men che meno ristoranti che gli offrano da mangiare dopo le 14 e prima delle 19, mentre in Austria e Slovenia si può mangiare durante l’intera giornata…anche il goulash a colazione!
Rivolgiamoci ai turisti a piedi che, con zaino in spalla arrivano dalla stazione ferroviaria e si dirigono verso il centro cittadino: hanno a disposizione mezzi di trasporto urbano efficiente e collegamenti frequenti? Molti si chiedono come mai girino vuoti molti grandi autobus mentre immagino ce ne potrebbero essere di più piccoli che, proprio perchè tali, potrebbero sembrare anche pieni…
Si palesa quindi un altro aggettivo del turismo: l’accessibilità intesa in senso ampio, per tutti, non relativo solo alle varie e complicate barriere architettoniche, ma anche barriere orarie (e non parlo di aperture 24/24), informatiche (Internet Point e possibilità di collegamento Internet ad ampio raggio), linguistiche (conoscenza della lingua inglese diffusa, tedesca e slovena almeno in seconda battuta), di orientamento (mappe, segnaletiche, indicazioni, totem informative a cui collegarsi per fare il punto del percorso), per citarne alcune.
Il turista che viaggia in piccoli gruppi oppure da solo (il tanto vituperato “turista fai da te”), si muove sul territorio per entrarci dentro, per capirlo e conoscerlo nell’animo, per fruire del suo patrimonio in modo da poterne cogliere le specificità e arricchirsene: solo quando si uniscono I concetti di paesaggio e biodiversità si può promuovere un’offerta turistica non basata sulla crescita a breve termine, ma su uno sviluppo di cui il territorio tutto è protagonista a lungo termine. Il vantaggio economico che si crea non si esaurisce e non va a favore solo di alcune categorie di attori, ma implementa lo sviluppo, sostenibile, di tutta la comunità.
Senza dimenticare che favorire lo sviluppo turistico di un territorio non vuol dire falsa scenografia (mi riferisco al pilo e/o al palo in quella piazza della Repubblica che il rappresentante di commercio non riconobbe), ma significa anche manutenzione dell’esistente, cura e “coccole” che non si trovano soltanto nei luoghi del benessere negli alberghi, ma in un territorio che sa davvero accogliere le storia e le culture degli altri, I turisti, appunto.
G. Gibelli, architetto del paesaggio esperto in Valutazione, Pianificazione e Progettazione del e nel Paesaggio, ci suggerisce che “il turismo deve essere considerato come elemento strategico capace di contribuire all’economia regionale e di rimotivare la coesione sociale della propria regione”[3]. E questa affermazione, ci fa ri-assumere l’ottica sistemica all’interno della quale ogni nostra azione andrebbe condotta e ripensata.
[1] https://opencoesione.gov.it/it/pillole/data-card-il-turismo-inclusivo/
[2] http://www.regione.fvg.it/rafvg/cms/RAFVG/ambiente-territorio/pianificazione-gestione-territorio/FOGLIA21/
[3] Gioia Gibelli, Paesaggio, biodiversità e turismo, in: M.C. Zerbi, F. Fiore (a cura di), Sviluppo sostenibile e risorse del territorio, G. Giappichelli ed., TO, 2009