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Dentro il Pci

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di Marzio Lamberti del 15/01/2021

La richiesta di parlare del Pci mi ha sollecitato a dire qualche cosa non tanto sull’aspetto politico e sul livello politico come i Congressi, le dichiarazioni dei segretari, i rapporti con gli altri partiti, le  strategie nazionali e internazionali, le scelte istituzionali  che rappresentava  il vestito e la parte esterna del Pci. Altri lo faranno in questo mese di ricorrenza e molti parleranno di tutto ciò. Molti probabilmente lo faranno dal punto di vista dello studioso  che da fuori analizza il fenomeno. Dal di fuori. Penso che sia forse più importante  dire qualcosa dal di dentro anche perché dal di dentro spiega meglio cos’è stato il partito. E proprio in occasione del centenario della sua fondazione. Cos’era il Pci, chi erano gli iscritti, cosa volevano, che compito aveva il partito nella società. E poi la domanda fondamentale: alla fine ha perso o ha vinto?

Cos’è il Pci L’obiettivo storico del Pci era il  portare gli operai, il proletariato, i salariati  dentro l’organizzazione della stato, trasformando lo stato liberale, strumento della borghesia, nello stato democratico, strumento delle classi popolari. Conseguire il diritto alla casa, alla salute, alla scuola, alle pensione, alla sicurezza erano questi le ragione della sua nascita:portare il salariati dentro lo stato in modo che lo stato assuma i loro bisogni e li realizzi. Nel settecento lo stato era l’organizzazione dei nobili che rappresentavano il 5% della società . Nell’ottocento è il secolo della borghesia che vuole entrare nello stato. Fa le sue rivoluzioni per utilizzare la macchina stato per favorire i suoi interessi generali   Quali? Ordine pubblico, infrastrutture, diritti individuali, amministrazione ecc.. Ottiene la costituzione e il parlamento e così affianca il re. Un  parlamento naturalmente eletto solo e soltanto dalla borghesia. In totale lo stato  organizzava la vita e gli  interessi del  20% della popolazioni: gli atri sono fuori. I salariati sono fuori. Ecco allora il ruolo e gli obiettivi di questa nuova organizzazione che nasce nella seconda metà dell’ottocento e che nel ‘21 assume la forma del partito comunista con l’obiettivo di  portare i salariati dentro lo stato per far si che lo stato e le sue risorse siano indirizzate al soddisfacimento degli interessi generali dei salariati. Ripeto: scuole, assistenza, pensione, trasporti, case, diritti sociali, sanità, suffragio universale, diritti di uguaglianza ecc.

Il Pci organizza tutto questo. Non è solo. Anche i cattolici si muovono. Ma è il centro. Il PCI si articola in diversi  organismi: il sindacato, il sindacato inquilini, l’assicurazione, i quotidiano l’unità, le case editrici, le cooperative, l’assistenza sociale e fiscale, il tempo libero, lo sport ecc. Gli iscritti vivono dentro questa rete. Quasi autosufficiente. Quasi uno stato nello stato. Conquista dopo conquista. Ogni sezione con le propria bandiera. La grande festa nazionale de l’unità , ogni sezione una festa de l’unità, 8.000 feste, per avere contatti e risorse, migliaia di funzionari, il tesseramento. Il partito come strumento di ascesa sociale per gli operai che facevano i corsi alle Frattocchie, a Faggetto Lario  e in tanti altri centro studi.

L’iscrizione. Mi sono iscritto nel 1972  passando per i gruppi cattolici, le Acli, il Mpl di Labor, la Cisl , i gruppi spontanei  , il gruppo casermette. Fino all’incontro col Pci. E’ stata un scelta collettiva, il gruppo di cui facevo parte  aveva maturato la delusione dello spontaneismo dei gruppetti minoritari, del dibattito tutto ideologico sui massimi sistemi, i limiti del mondo cattolico e la nullità dei risultati pratici. Era luglio. Pochi giorni prima il gruppo del Manifesto aveva lasciato il partito. Un ricambio: fuori l’estrema sinistra e dentro gli ex cattolici. A settembre ricevetti l’incarico di andare per le case  a ritirare la lana da inviare  ai combattenti vietnamiti. Ho ci min era il mito. Le famiglie  facevano a gara per darci la lana che avevano a casa . Un lavoro che mi riempì d’orgoglio. 

Il lavoro nel partito. Poi pian pianino venni assorbito dal lavoro della cellula prima,  della sezione poi e infine del comitato cittadino di cui divenni segretario nel 1981. L’attività era continua non solo alle date canoniche,  il tesseramento,  la festa de l‘unità,  il congresso ma per l’attività quotidiana nei confronti degli iscritti,   nel rapporto con loro, nel vedere quali obiettivi avevano, quali i problemi, come risolverli, come aiutarli nei confronti degli enti pubblici, comune, inps, inail, l’ospedale, il fisco, ecc. Un lavoro incessante quotidiano. In un mondo parallelo a quello dove vivevo il resto della giornata, la scuola, la famiglia ecc.

in Consiglio comunale L’altro lavoro continuo era in Consiglio comunale e nei Consigli di quartiere. Divenni consigliere  di quartiere e poi comunale  dal 1980 al l993. Costituimmo il gruppo consiliare allargato . Una trentina tra consiglieri  provinciali, comunali e di quartiere. Il gruppo elaborava i problemi che emergevano a Gorizia e poi venivano discussi nelle sezioni che stabilivano la linea da tenere  nei Consigli.

NotizieNovice Ma per non farci mancare niente nel 1980 fondammo il nostro giornale NotizieNovice che producemmo fino al 2007 anno di chiusura dei Ds . Prima mensile e poi bimensile. Era uno sforzo collettivo enorme. Tutto il quadro attivo era impegnato a produrre articoli riguardanti l’attualità politica goriziana. Il giornale veniva stampato in tipografia. 2.000 copie  e poi  una squadra di amici e compagni lo piegavano, lo mettevano nelle buste, attaccavano i francobolli, i pacchi raccolti per quartiere e infine portati alla posta. Alla fine del lavoro qualcuno portava qualche pasta e qualche bottiglia per brindare. Un lavoro enorme durato ben 27 anni con decine e decine di persone che vi hanno partecipato, consapevole di un’opera collettiva di cui erano protagonisti. Oltre 180 numeri. Un ‘esperienza bellissima e formativa.

le feste del’Unità Molteplici erano i momento di lavoro collettivo. Innanzitutto le feste del’Unità .Negli anni ottanta ne facevamo cinque uno per sezione e per quartiere. Un lavoro incessante che durava tutta l’estate: montare e smontare le strutture,  preparare il buffet (così si chiamava), allestire ” la pesca di beneficienza” con le famiglie incaricate di infilare i biglietti nell’anellino di pasta. E poi  il momento sacro della briscola, l’estrazione della pesca, il dibattito culturale. E poi la cena finale il giorno dopo la chiusura con gli avanzi: gioia, consapevolezza di aver fatto un bel lavoro…Tutte queste cose insieme.

le elezioni L’altro grande momento collettivo erano le elezioni. Facevamo la campagna elettorale con tanti piccoli comizi nei rioni e nelle piazze. Con i pochi mezzi che avevamo . Un altoparlante, un oratore, volantini. Nel 1986 venne  a Gorizia in aereo  l’on Luciana Castellina. Comizio davanti ai giardini di Corso Verdi. Spesa complessiva, compreso un caffè per la relatrice che subito tornò a Roma, 80 mila lire. Pochi metri più in là il Psi aveva fatto un comizio al Teatro Verdi terminato il quale una fiumana di  presenti (mai visti così tanti socialisti ma a quell’epoca  il Psi tirava) si  recò in piazza Battisti dove era stato montato un grande palco per un concerto costato diversi milioni di lire. Poi le cose sono andate come si sa.  Ma lo spoglio  era il momento degli esami. E tutti lo aspettavano.  Il quartier generale era presso la sede di via S.Gabriele perché nella sede di  via Locchi  lavorava alla raccolta dati la Federazione. Gli scrutatori telefonavano i risultati dei singoli seggi , uno riceveva la telefonata e riportava i voti su apposito moduli, un altro  faceva le somme e le percentuali con il calcolatore (una novità), un altro scriveva voti e percentuali su un enorme tabellone  riportante i dati delle 62 sezioni elettorali. Il tutto per comunicare i dati alla Federazione e poi da lì  alle Botteghe Oscure dove  arrivavano prima di quelli delle Prefetture al Ministero degli interni. Nella sede  affluivano gli scrutatori a fine scrutinio per salutare tutti, guardare i dati, bere un bicchiere,  mangiare qualche cosa, commentare i risultati dei propri seggi e soprattutto versare tutta la diaria da scrutatore al partito con grande orgoglio. Consapevoli che quella era la principale entrata per la campagna elettorale

la diffusione de l’Unità E poi ogni domenica la diffusione de l’Unità. Portavamo 250 copie a casa dei compagni, era un po’ una festa qualche volta anche pericolosa perché in ogni famiglia c’era ad aspettarci il caffè, un dolcetto, la grappa (alle 10 di mattina). C’era il distributore principale che portava le copie (una ventina) ai singoli distributori. Le domeniche le si passava così. Riuscire a portare una copia in più era una cosa bella .

l’8 marzo. Qualcuno comprava una grande quantità di mimose. Le compagne facevano i mazzetti e poi tutte ai Giardini Pubblici a distribuirle alle donne che passavano. Le donne gradivano scambiando un sorriso, un saluto e una babata con chi offriva il mazzetto. A fianco però c’era  la compagna che dava qualche volantino e qualche consiglio. Negli anni settanta la festa si celebrava in un locale della periferia. Al primo piano le donne  per la cena e al pian terreno gli uomini a protezione. Probabilmente memori di qualche aggressione negli anni subito dopo la guerra quando le tensioni erano fortissime.

il Circolo Rinascita Gli anni settanta sono stati anni tumultuosi, eccitanti, coinvolgenti. Eravamo a mille ogni giorno. La società goriziana era ricca di fermenti: Basaglia, il referendum sul divorzio , Peteano, il Cile e Allende,  il Vietnam, le lotte operaie, la democratizzazione della scuola,il movimento delle donne e il femminismo,  la stagione dei dritti a cominciare da quello di famiglia che fu rivoluzionario. Ricordo la mobilitazione per il referendum: andavamo casa per casa a portare i volantini e soprattutto a  discutere con le famiglie anche sulle scale di casa. Ricordo le conferenze partecipatissime, i gruppi anche cattolici che si formavano a difesa del divorzio. Decidemmo di intercettare tutto questo fermento fondando il Circolo Rinascita, braccio culturale del partito ma strumento agile che poteva interfacciarsi con gli altri circoli che fiorivano a Gorizia.  Per anni siamo stati in grado di organizzare decine di conferenze e tavole rotonde anche assieme agli altri circoli laici, cattolici  e della minoranza slovena. Con una presenza  intellettuale che riusciva i qualche modo a contrastare e a confrontarsi con una Democrazia Cristiana egemone.

la festa nazionale  A fine estate,  il premio: la partecipazione alla festa nazionale de l’Unità: Milano, Bologna,  Firenze ecc. Le sezioni di Gorizia allestivano un’intera corriera  e ciascuno pagava di tasca propria  Di solito la partenza era il venerdì e la ripartenza dopo il comizio del Segretario. Ho partecipato a tutti i comizi conclusivi di Enrico Berlinguer che parlava all’intelligenza ma nello stesso tempo emozionava. Ero  sotto il palco a Reggio Emilia nel 1983 quando Benigni prese in braccio Enrico quasi a proteggerlo. Ero in ospedale quando morì e piansi, piansi. Anche adesso quando rivedo le immagini del comizio di Padova , il suo ultimo dolcissimo sorriso, e Pertini che accarezzava la bara e i funerali a Roma con quella immensa partecipazione. Era il 1984.

una comunità Tutto questo era il Pci. Non solo un partito ma una comunità che si auto organizzava, quasi autosufficiente. Lo era a Gorizia dove il  Pci aveva solo  il 20%. Con decine e decine di compagni attivi. Tanti di più in altre parti dove le percentuali erano altissime. Come nel mandamento oggetto di invidia. Poi pian piano il progressivo avanzamento dello stato sociale ha portato da una parte all’attuazione di moltissime obiettivi,  scuola, case popolari, sanità, trasporti, pensioni ecc.  (che poi erano le parole d’ordine delle manifestazioni e degli scioperi) ma ha portato anche all’assorbimento di tanta attività che il Pci svolgeva in assenza dello stato. Ricordo che presso la sede di via Locchi i compagni più esperti fornivano assistenza fiscale  con grande disappunto dei commercialisti. Funzione che poi sarà assorbita dallo stato attraverso i Caf. Pian pianino il Pci raggiungeva i suoi obiettivi e pian pianino trasferiva alcune sue funzioni nell’ambito dello stato.

alla fine ha perso o ha vinto?  E allora torniamo alla domanda iniziale. Quando il Pci nel 1991 ha chiuso, ha chiuso perché  ha fallito o perchè ha realizzato ciò per cui era nato cento anni prima. In questi anni si era realizzato pur con tanti limiti,   lo stato sociale, lo stato che organizza i bisogni dei salariati che era l’obiettivo di fondo. Nelle mie quotidiane frequentazioni degli iscritti i discorsi erano sulla casa, sui trasporti, sulle pensioni , sui diritti sociali, sul lavoro, ecc ecc insomma sugli interessi materiali. A mio avviso il Pci aveva realizzato il compito per cui era nato e doveva trasformarsi in altra cosa come è avvenuto. Ha realizzato il socialismo? Se avere scuole , sanità, assistenze, pensioni, case , trasporti per tutti, diritti sociali sul lavoro, ecc tutto questo può essere chiamato socialismo, ebbene posso dire (ma è la mia tesi) che il socialismo è stato realizzato, un socialismo possibile concreto e oggettivo al di là delle utopie di una parte della sinistra. In sostanza era ciò che  chiedevano i salariati, gli operai, le loro famiglie.

Ma resta il ricordo di una esperienza intensissima e indimenticabile dentro una comunità che si sentiva protagonista della storia, che aveva orizzonti da raggiungere. Essere parte di quella umanità è la cosa che è diventata parte di me stesso e che ha dato senso alla mia vita. Mi restano i ricordi ma soprattutto il senso di una militanza comune che ancora adesso è presente. E amicizie intatte nel tempo.

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