di Federico Tenca Montini del 26/11/2020
I numerosi enti archivistici attivi nel territorio dell’ex Jugoslavia, ora pienamente operativi dopo il riordino e la desecretazione di svariati fondi, rappresentano un verto tesoro per capire la storia dei nostri vicini orientali e quella delle nostre stesse terre.
Un tesoro largamente ignorato, con alcune significative eccezioni, dagli studiosi italiani.
L’archivio di Lubiana, estremamente ordinato, raccoglie un’impressionante mole documentale sugli anni della Seconda Guerra mondiale. Stante anche la precarietà dei mezzi disponibili all’epoca, molti documenti sono stati trascritti a macchina a partire dagli anni Sessanta e sono ora fruibili in estrema comodità. Rispetto alle vicende che stanno a cuore alla storiografia locale sono presenti i documenti delle organizzazioni comuniste triestine, goriziane e monfalconesi fino ed oltre il termine del conflitto, e l’archivio del partito comunista filo jugoslavo sorto dopo la scissione del Cominform, attivo fino al Memorandum di Londra del 1954.
A Zagabria l’Archivio di Stato croato fornisce informazioni utili a capire il funzionamento delle strutture del Partito comunista croato in Istria a partire dall’Armistizio di Cassibile. Di estremo interesse l’archivio della Commissione per le questioni di confine istituita in seno alla Presidenza del governo croato, che raccoglie abbondanti materiali sulle attività jugoslave nei lavori per la Conferenza di pace, che approdarono al Trattato firmato il 10 febbraio 1947.
Sono inoltre disponibili, su microfilm, i materiali dell’OZNA croata (anche i servizi segreti seguivano l’ordinamento federativo dello Stato), vale a dire la corrispondenza tra le sezioni locali, anche in Istria, e gli uffici centrali a Zagabria.
Infine a Belgrado – comprensibilmente, trattandosi dell’ex capitale – l’abbondanza dei materiali è tale da disorientare il ricercatore. Oltre all’Archivio diplomatico accessibile presso il Ministero degli Esteri di Serbia, e ai materiali di provenienza militare il quale accesso è condizionato ad una serie di misure di sicurezza e impedimenti burocratici, l’Archivio di Jugoslavia offre una mole di documenti a prima vista difficile da quantificare – dal momento che il solo indice occupa i due grossi armadi che si vedono nella fotografia, a destra. Fra le varie agenzie, uffici e personalità che hanno fatto qui confluire le proprie carte, di particolare interesse il Gabinetto della Presidenza della Repubblica – vale a dire l’archivio di Tito – diviso in una quantità di sezioni tematiche o organizzate attorno a questioni specifiche.
In conclusione è vero che alcuni fondi risultano dispersi o altrimenti inaccessibili – l’archivio personale di Kardelj, ad esempio, a Belgrado non si trova più, ma per fortuna è disponibile a Lubiana in copia. Si tratta peraltro di una situazione che accomuna svariati contesti – si pensi alla non piena fruibilità di tanti archivi italiani – e che non è necessariamente sintomo del desiderio di nascondere verità scabrose, ma più banalmente indice della scarsità di mezzi a disposizione per il funzionamento degli archivi e il faticosissimo riordino dei fondi. Su molte questioni, però, importanti indicazioni sono già contenute nei materiali disponibili che, per la diversa economia degli interessi di ricerca nei Paesi ex jugoslavi, risultano peraltro spesso, limitatamente alle questioni che stanno a cuore da questo lato del confine, inediti.