di Paolo Polli del 27/12/2021
Penso che tutti quelli della mia età, cresciuti e formatisi politicamente negli anni del tragico golpe di Pinochet del 1973, abbiano seguito con attenzione le recenti elezioni cilene.
Il ricordo non poteva non andare a Salvador Allende, Neruda, Victor Jara, Violeta Parra, Antonio Skármeta, Sepulveda, gli Inti illimani, al Palazzo della Moneda da dove speravamo potesse uscire ancora vivo il leader di Unidad Popular per continuare la lotta per la democrazia e il progresso in Cile e nell’America latina.
Tutti nomi, assieme ad altri, che hanno fatto parte di me e di quelli della mia generazione con l’illusione che El pueblo unido jamás será vencido.
Non andò così purtroppo e la repressione dei Militari di Pinochet, e dei loro istruttori nordamericani, fu durissima, crudele, lunga 17 anni: campi di calcio trasformati in campi di concentramento e di tortura, sequestri e sparizione di 40.000 persone di cui solamente per 2.000 furono ritrovati i corpi, esilio per oltre 200 mila persone. Dopo il golpe militare, da un momento all’altro, caserme, municipi, scuole, ospedali vennero trasformati in centri di detenzione.
Il rapporto della Commissione nazionale cilena sulla prigione politica e la tortura, del 2004/2005, indica l’esistenza di 1.132 di questi luoghi. Per la redazione del rapporto furono ascoltati dagli otto membri della commissione oltre 38.000 testimoni di cui oltre 27.000 considerati diretti.
Quella enorme ferita, ancora non del tutto rimarginata, insegnò molto anche alle democrazie occidentali e a noi militanti e dirigenti della sinistra storica: il Compromesso storico di Enrico Berlinguer prendeva spunto proprio da quella vicenda per chiedere un dialogo più stretto fra le maggiori forze democratiche e popolari del paese di allora: quella cattolica, socialista e comunista.
Oggi La speranza ha vinto sulla paura così ha detto il leader della sinistra Gabriel Boric, subito dopo aver vinto nettamente le elezioni presidenziali al ballottaggio dei giorni scorsi contro l’ultraconservatore e nostalgico di Pinochet, José Antonio Kast.
Boric, trentasei anni, già leader studentesco, è stato determinante per l’accordo per La Pace e la nuova Costituzione che porterà poi alla Convención Constitucional per il superamento della Costituzione, ancora in vigore, di Pinochet.
“Il mio impegno come presidente sarà di prendermi cura della democrazia. Voglio un governo che renda protagonisti i quartieri e le comunità, perché senza la partecipazione delle persone la democrazia non esiste”
La vittoria di Boric apre una stagione radicalmente nuova nella storia del Cile e del Sudamerica, le cui radici stanno anche nella stagione prematuramente e amaramente chiusa di Salvador Allende.