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Quel rivoluzionario 1921

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di Luciano Patat del 15/01/2021

Il dibattito precongressuale nelle sezioni socialiste dell’Isontino e della Bassa friulana, il Congresso di Livorno, la divisione del movimento operaio e contadino e le elezioni politiche del 1921

Nei mesi che precedono l’apertura del XVII Congresso nazionale del Partito Socialista, previsto per la fine del 1920 a Firenze e poi rinviato in gennaio a Livorno, fra gli iscritti dei territori dell’ex Contea Principesca di Gorizia e Gradisca, divenuta Provincia di Gorizia alla fine della Grande guerra, si apre il dibattito sulle tre principali mozioni presentate a livello nazionale: quella massimalista proposta dal segretario Giacinto Menotti Serrati e da Adelchi Baratono, quella comunista di Amadeo Bordiga e Antonio Gramsci e quella riformista di Antonio Graziadei e Anselmo Marabini.

Nelle sezioni di partito si costituiscono i gruppi che fanno riferimento agli schieramenti nazionali e vengono nominati i presentatori delle rispettive mozioni politiche. Nella provincia di Gorizia, però, il confronto fra le mozioni si limita alle prime due dato che la corrente riformista non può contare su gruppi organizzati sul territorio e di fatto confluisce in quella massimalista.

Nelle assemblee precongressuali la maggioranza degli iscritti delle sezioni socialiste dell’ex Friuli austriaco aderisce alla frazione massimalista mentre la quasi totalità dei circoli giovanili si schiera con quella comunista.

I massimalisti prevalgono fra gli iscritti della sezione di Gorizia, sebbene per soli due voti, e in quasi tutte le sezioni della sinistra Isonzo e della Bassa friulana.

I comunisti, invece, ottengono la maggioranza dei consensi fra i militanti della destra Isonzo e nella riunione della frazione che si tiene presso la Camera del Lavoro di Gradisca eleggono come loro rappresentante al congresso nazionale di Livorno il segretario della Cassa Ammalati di Gorizia e membro del Comitato Centrale del partito, Giuseppe Tuntar, che al Teatro “San Marco” sarà fra i delegati che daranno vita al Partito Comunista d’Italia.

A livello regionale è la corrente comunista quella che conquista la maggioranza degli iscritti al partito: al Congresso di Livorno, infatti, i delegati giuliani esprimono 4.462 voti per la frazione comunista, 3.286 per quella massimalista e 30 per quella riformista. La Venezia Giulia è la sola regione in Italia, assieme alle Marche, in cui la maggioranza degli iscritti si schiera a favore della corrente comunista ed è quella in cui la frazione di Bordiga ottiene la percentuale di voti più elevata.

Nelle settimane che seguono la conclusione del Congresso e la fondazione del P.C.d’I. prosegue e si intensifica nelle sezioni socialiste il dibattito fra gli iscritti per  decidere se aderire al nuovo partito o rimanere fedeli quello vecchio.

In breve tempo i rapporti di forza fra socialisti e comunisti si rovesciano: trascinati da Giuseppe Tuntar e dal segretario della Federazione Provinciale dei Lavoratori della Terra, Giovanni Minut, la maggioranza degli iscritti ed intere sezioni della provincia, in primis i circoli giovanili, passano al Partito Comunista. E’ quel che avvviene a Gorizia e nei circoli della destra Isonzo sotto la spinta di alcuni esponenti locali del partito come Rodolfo Batti e Joze Srebrnic a Gorizia, Leopoldo Gasparini e Pietro Pascoli a Gradisca e Antonio Sfiligoi e Francesco Spessot a Cormons.

Meno compatta è invece l’adesione al P.C.d’I degli iscritti e delle sezioni del Monfalconese: se i socialisti di Fogliano, Turriaco, Pieris e Staranzano aderiscono in maggioranza al nuovo partito, la forte sezione operaia di Ronchi si divide e solo una parte dei militanti, guidata da Romano Fumis e Elio e Dante Tambarin, esce dal Partito Socialista, seguita dai giovani del locale Circolo di Cultura.

A Monfalcone, dove largo consenso godono fra i militanti i dirigenti della Camera del Lavoro Luigi Tonet, Orlando Inwinkl e Alberto Bassi, la maggioranza degli iscritti rimane fedele al P.S.I., così come avviene nei paesi della Bassa friulana, dove i socialisti mantengono il controllo delle sezioni di Cervignano, Aiello, Ruda, Villa Vicentina e Fiumicello e solo le sezioni di Perteole, Aquileia e Terzo d’Aquileia passano al Partito Comunista.

La nascita del nuovo partito produce però una profonda frattura all’interno del movimento operaio e contadino del Goriziano e assai aspra è la battaglia che socialisti e comunisti intraprendono nei mesi successivi per trascinare dalla propria parte gli iscritti, per conquistare il controllo dei sindacati e delle cooperative e per occupare le sedi di partito e le Case del popolo.

Si tratta di uno scontro duro, che conosce momenti di grande tensione e sfocia anche in scontri fisici fra i militanti ed in azioni violente, come avviene il 26 gennaio a Trieste, quando un gruppo di comunisti, rivendicando la proprietà del giornale in base alla maggioranza ottenuta nelle assemblee precongressuali, occupa la redazione e la tipografia del quotidiano “Il Lavoratore” e lo trasforma in organo del Partito Comunista, nominando direttore Giuseppe Tuntar.

La divisione fra comunisti e socialisti si trasferisce anche in campo sindacale dove si registrano forti contrasti fra le Camere del lavoro di Gorizia, Gradisca e Cormons, rette da dirigenti comunisti, e quelle di Monfalcone, Cervignano ed Aiello, rimaste sotto controllo socialista.

Talvolta all’interno delle stesse organizzazioni sindacali la convivenza fra le due componenti politiche diventa difficile, come avviene alla Camera del Lavoro di Monfalcone dove la dirigenza socialista deve fare i conti con il forte sindacato dei metalmeccanici FIOM e con la Commissione interna del cantiere, che sono diretti dai comunisti.

Anche la Federazione Provinciale dei Lavoratori della Terra, che riunisce le leghe rosse contadine, perde la propria compattezza interna dopo che, al congresso di Aiello, i socialisti riescono a mettere in minoranza i comunisti ed a sostituire il segretario Giovanni Minut con il socialista Guido Cociancig.

Il cambio al vertice dell’organizzazione provoca però l’opposizione di numerose leghe contadine che non riconoscono il nuovo segretario e che decidono di uscire dall’organizzazione provinciale e di aderire alle Camere del lavoro dirette dai comunisti.

Ancora più grave è quanto si verifica alla Cassa Ammalati di Gorizia, dal 1909 retta da una maggioranza socialista. Nel consiglio di amministrazione quattro dei sei delegati di nomina operaia aderiscono al Partito Comunista mentre gli altri due, che rimangono fedeli al Partito Socialista, si accordano con i tre rappresentanti dei datori di lavoro e nella riunione del 19 aprile 1921 mettono in minoranza i comunisti e licenziano il direttore Giuseppe Tuntar. Con tale operazione viene bloccata l’attività dell’ente e di fatto i rappresentanti dei lavoratori perdono il controllo dell’importante istituzione dato che, pochi mesi dopo, il prefetto procede alla nomina di un commissario.

I nuovi rapporti di forza che si vengono a creare fra i partiti si misurano alle elezioni politiche del 15 maggio 1921, quando per la prima volta i cittadini (maschi) dei territori ex austriaci vengono chiamati al voto per eleggere i propri rappresentanti al Parlamento italiano.

I partiti che si presentano nel Collegio elettorale della provincia di Gorizia sono sei: la Concentrazione Slava, il Partito Comunista, il Blocco Nazionale, il Partito Socialista, il Partito Popolare e il Partito Repubblicano.

La Concentrazione Slava, che ottiene la stragrande maggioranza dei consensi nei paesi sloveni, elegge quattro dei cinque deputati assegnati al collegio provinciale mentre il Partito Comunista si afferma come il partito di maggioranza relativa nella parte italiana della provincia ed invia al Parlamento nazionale il suo principale esponente: Giuseppe Tuntar.

Nei comuni dell’Isontino e della Bassa friulana il Partito Comunista ottiene 6.782 voti, pari al 32% dei consensi, seguito dal Blocco Nazionale, che raggruppa liberali, nazionalisti e fascisti, con 4.873 voti e il 23%, e dal Partito Socialista con 4.721 voti ed il 22%. Più distanziati il Partito Popolare che conquista 2.630 voti ed il 12% dei consensi, il Partito Repubblicano con il 6% e la Concentrazione Slava con il 3%.

Grazie soprattutto al voto dei contadini, il P.C.d’I. ottiene i migliori risultati nei mandamenti di Cormons e di Gradisca dove conquista oltre 3.500 voti e quasi il 60% dei consensi ed è primo in tutti i municipi della destra Isonzo, compresi quelli sloveni di Piedimonte e San Floriano del Collio, con la sola eccezione di quello di Villesse dove invece, per pochi voti, prevalgono i socialisti.

Nel distretto di Monfalcone il successo comunista è meno netto: ad eccezione di Fogliano dove prevale il Blocco Nazionale, i comunisti conquistano oltre il 35% dei consensi e vincono in tutti i comuni della cintura operaia, compreso quello sloveno di Doberdò, ma sono terzi nella città dei cantieri dove vengono superati dal Partito Socialista, che si conferma il primo partito, e dal Blocco Nazionale.

Nella Bassa Friulana a vincere le elezioni è invece il Partito Socialista che, con quasi il 50% dei consensi, prevale nella grande maggioranza dei comuni conquistando anche la vecchia roccaforte liberalnazionale di Cervignano, mentre la lista comunista ottiene poco più del 13% dei voti e la quarta posizione, dietro il Blocco Nazionale e il Partito Popolare e si afferma come primo partito solo nei comuni di Perteole, Campolongo al Torre e Terzo d’Aquileia.

Ancora diverso è l’esito delle elezioni nella città di Gorizia dove il partito più votato è il Blocco Nazionale, seguito dalla Concentrazione Slava e dal Partito Comunista, e a Grado dove a vincere le elezioni è il Partito Popolare che si impone con un solo voto di scarto sul Partito Repubblicano e dove i comunisti si collocano al quarto posto, dietro il Blocco Nazionale.

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