di Simone Cuva del 31/12/2020
Il filo che lega i desaparecidos alla vicenda di Giulio Regeni
Da circa 20 anni l’Italia rappresenta un punto di riferimento nel panorama giudiziario internazionale per quel che riguarda i procedimenti penali verso presunti mandanti o presunti esecutori materiali di delitti politici perpetrati nei confronti di cittadini oriundi (e quindi spesso con doppio passaporto) abitanti nei paesi latinoamericani durante le dittature degli anni ’70 e ’80.
Il nostro Codice Penale, infatti, all’articolo 8, consente all’autorità giudiziaria di processare nel nostro territorio tutti coloro che, all’estero, sono rei di aver commesso delitti o reati nei confronti di quegli italiani che intendono “partecipare alla vita dello Stato nel quale si trovano e di contribuire alla formazione della ‘propria’ volontà”.
Fin dalla metà del 1998, grazie ad alcuni fascicoli processuali oggetto di un’udienza preliminare che si sarebbe tenuta da lì a poco, in Italia vengono alla ribalta le atrocità commesse nei confronti di nostri concittadini durante i periodi bui delle giunte militari; in questo specifico caso parliamo di Argentina.
In questi anni, quindi, nel nostro paese sono stati giudicati, o sono ora sotto giudizio, militari e civili che hanno torturato, ucciso, o addirittura fatto scomparire, nostri concittadini colpevoli di aver espresso opinioni politiche contrarie al regime, sindacalisti, volontari, o semplicemente simpatizzanti di formazioni politiche parlamentari o extra parlamentari di opposizione.
L’associazione 24marzo Onlus, piccola e combattiva compagine attiva nel campo della tutela dei diritti umani, nasce molti anni fa con questa finalità. Rifacendosi alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, destina le sue risorse, le sue iniziative e le sue attività, alla costruzione di Memoria, Verità e Giustizia per i familiari delle vittime. Ispiratrice delle iniziative giudiziarie che si sono svolte e che si stanno svolgendo in Italia, rappresenta sempre più un punto di riferimento per associazioni internazionali per la tutela dei diritti umani, istituzioni accademiche, amministrazioni pubbliche, Governi Nazionali, avvocati e associazioni di familiari, che intendono sviscerare vicende, o avere notizie, dei propri congiunti uccisi, o in molti casi scomparsi, in questi oscuri periodi della recente parte del Secolo Breve.
Prima sentenza in Europa che ha ufficialmente riconosciuto l’esistenza dell’Operazione Condor*, quella di primo grado (gennaio 2017) del grande “Processo Condor” che si è svolto nell’aula bunker del carcere di Rebibbia, a Roma, rappresenta uno spartiacque nella consapevolezza che i precedenti giurisprudenziali hanno enorme valore in campo internazionale. Prima di essa, i processi svolti in Italia e in Spagna, avevano offerto speranza ai familiari delle vittime che nel proprio paese, in questo caso l’Argentina, non avevano avuto ancora il conforto delle istituzioni, impegnate in un profondo processo di rinnovamento ancora intriso di collusioni con le forze oscure che le avevano governate fino ai primi anni ’80.
E ancora da Roma, con la sentenza di appello del medesimo processo, nel 2019, si confermano reati (da 8 si passa a 24 ergastoli) e azioni delittuose, vengono emesse condanne accolte trionfalmente nei paesi latinoamericani, capaci di dare nuova linfa ai processi che, nel frattempo, hanno iniziato ad essere celebrati e, per fortuna, non con la maggior parte degli imputati in contumacia. Finalmente i familiari delle vittime ottengono risarcimenti, elaborano lutti, recuperano, in alcuni sporadici casi, i corpi, dei loro congiunti. Giustizia viene fatta per i defunti, i desaparecidos e i loro familiari.
Negli ultimi mesi, agli onori della cronaca è balzato, grazie anche al coinvolgimento di un importante programma televisivo nazionale, il caso di Carlos Luis Malatto, militare argentino condannato già nel suo paese e che vive in Italia oramai da diversi anni.
Questi i motivi per cui il recente rinvio a giudizio da parte della Magistratura romana degli agenti governativi egiziani accusati dei crimini terribili che hanno causato la morte del giovane ricercatore universitario originario di Fiumicello Giulio Regeni, dovrebbe essere visto come un grande punto di partenza per la celebrazione di un processo che, gioco forza, condizionerà i rapporti del nostro paese con l’Egitto vista la colpevole mancata collaborazione e il disinteresse delle istituzioni governative di quello stato per la scoperta della verità e quindi per l’ottenimento della giustizia per i familiari di Giulio e per i cittadini italiani.
Il momento è cruciale. L’opinione pubblica italiana deve mettere da parte la scarsa considerazione nei confronti del lavoro della Magistratura e della Giustizia e rendersi conto che questo processo che verrà celebrato nei prossimi mesi, sebbene sarà lungo, sebbene sarà con gli imputati in contumacia, verrà considerato un importante precedente giurisprudenziale e un ulteriore passo avanti perché vicende come questa non si verifichino più. Le Istituzioni, dal canto loro, dovranno avere un atteggiamento più chiaro e coerente rispetto ai principi democratici che ispirano la loro azione anche in campo internazionale, soprattutto verso quei governi dove, gli stessi principi, vengono invece costantemente calpestati.
Nunca más.
Simone Cuva
Simone Cuva è fondatore insieme a Patrizia Dughero della casa editrice qudulibri e direttore dell’associazione 24marzo Onlus. La sua più recente pubblicazione è “La vendetta del pesce rosso (ipotetici scenari per una nuova distribuzione editoriale)”, qudulibri, 2020.
Per approfondimenti bibliografici sugli argomenti trattati in questo articolo, consultare il sito 24marzo.it e il catalogo presente nell’home page del sito della casa editrice qudulibri (qudulibri.wordpress.com). Per ulteriori informazioni, invece, scrivere a simone@24marzo.it.
*Nome dato dai servizi segreti statunitensi, dalla CIA e dall’amministrazione della presidenza di Richard Nixon, a una massiccia operazione di politica estera, volta a tutelare l’establishment, che ebbe luogo negli anni settanta del XX secolo, in alcuni stati del Sud America,dove l’influenza socialista e comunista era ritenuta troppo potente, nonché a reprimere le varie opposizioni ai governi partecipi dell’iniziativa. Nel 1993 sono stati desecretati documenti sulla connivenza di Richard Nixon, Presidente degli Stati Uniti, e di Henry Kissinger, allora Segretario di Stato, nei confronti delle azioni delittuose compiute, per esempio, da Augusto Pinochet in occasione del Colpo di Stato per destituire il governo cileno legittimamente eletto di Salvador Allende.
Le procedure per mettere in atto questi piani furono di volta in volta diverse; tutte però ebbero in comune il ricorso sistematico alla tortura e all’omicidio di cittadini anche al di fuori dei confini nazionali, dove si erano, in alcuni casi, fortunosamente rifugiati. Le nazioni coinvolte furono Cile, Argentina, Bolivia, Brasile, Perù, Paraguay e Uruguay. (fonte Wikipedia).